“Ogni storia che raccontiamo su noi stessi può essere narrata solo al passato. Si svolge all’indietro rispetto a dove stiamo ora, e non siamo più gli attori della storia, ma spettatori che hanno scelto di parlare. A volte resta una scia segnata da tracce, come quelle che Hansel lasciava dietro di sé. A volte il sentiero non esiste più: al levar del sole gli uccelli sono scesi in picchiata divorando tutte le briciole. La storia sorvola sui vuoti, colmati solo dall’ipotassi di un “e” o un “e poi”. Accade anche in queste pagine nel tentativo di rimanere su un percorso che, lo so, è interrotto da piccole depressioni e buche profonde. Scrivere è un modo per circoscrivere la mia fame, e la fame non è nient’altro che un vuoto.”
(Siri Hustvedt, Quello che ho amato (What I loved), Einaudi 2004, p. 359. Traduzione di Gioia Guerzoni)
29 dicembre 2011 alle 4:35 PM |
Wow. Buon Anno, cara Franca, che sia denso di sogni, sorprese belle e scrittura.
29 dicembre 2011 alle 8:46 PM |
Grazie cara Clara,
un felicissimo, sognante, “scrivano” 2012 a te!
(Babbo Natale mi ha già portato una sorpresa bella quest’anno, spero ne arriveranno altre ancora ;-))
7 Maggio 2012 alle 12:43 PM |
Ciao carissima, io non sono riuscito a finirlo quel romanzo. Uno dei tanti motivi è che lo stile della Hustvedt mi ricorda tanto quello del marito (che io non leggo volentieri = non sopporto).
7 Maggio 2012 alle 5:55 PM |
Cara Isa, non so perché ma me lo immaginavo :-) Anche a me “Aust and Hust” non entusiasmano granché, ma in questo caso, anzi per questo brano, mi son dovuta ricredere. Un abbraccio.